Anche quest’anno la comunità Limbiatese ricorda il piccolo Marcellino, il neonato abbandonato e trovato nei campi il 5 settembre del 1958 e morto, purtroppo, il giorno successivo – 6 settembre – , nonostante il tentativo disperato di salvarlo e accudirlo dei limbiatesi. La storia di Marcellino ha commosso i limbiatesi allora, nel 1958, e ancora oggi viene ricordata da chi c’era, da chi era bambino, da chi ne ha sempre sentito parlare nel ricordo di genitori o nonni, confermando così l’importanza di mantenere viva la memoria di fatti riguardanti la cronaca locale, perché la storia è cultura.
Da allora, la tomba del piccolo Marcellino è divenuta simbolo di una comunità che si era presa a cuore le sorti del neonato e che, anche a distanza di lungo tempo, continua a mantenerne vivo il ricordo.
Ecco brevemente la storia di Marcellino, tratta dal libro “Limbiate cara” di Dario Citterio:
Tra i momenti particolarmente difficili della comunità Limbiatese vive ancora nei ricordi di molti la drammatica storia di un neonato, un evento che ha investito emotivamente l’opinione pubblica […]. Ai primi giorni di settembre dell’anno 1958 un bimbo era venuto alla luce, una nuova vita che avrebbe dovuto avere la possibilità di crescere come tutti gli altri bambini. La sua nascita però non fu festeggiata da nessuno, era per il neonato l’inizio della sua triste sorte. Era stato tenuto nascosto dalla madre durante tutta la gravidanza e nessuno avrebbe potuto presagire che sarebbe nato; al momento del parto e nelle ore successive la madre era probabilmente in casa da sola con la sua creatura, senza nessuna assistenza e cercando soprattutto di coprire il pianto del bambino per evitare di richiamare l’attenzione dei vicini. Davvero un bel bambino, pesava più di 3 chili, forte e pronto per la vita. Il bimbo non era stato desiderato e per lui si preparava purtroppo un futuro e un destino amaro. la sua esistenza si sarebbe interrotta nel giro di un giorno o poco più. Il triste dramma del neonato maturò alle prime luci dell’alba nei boschi delle Groane, nella riserva di caccia denominata “Limbiatese”, posizionata tra le vie Jenner e Polo, sulla collinetta alle spalle dell’oratorio maschile di via Mazzini, una zona poco frequentata un tempo, se non da qualche contadino e dal passaggio di alcuni carri agricoli. […]. Da qui iniziò la sorprendente avventura toccata al macellaio Angelo Marelli, che come suo solito portava il proprio cane di nome Simba, un pastore tedesco, a fare un giro e qualche scorribanda sui prati vicino a casa verso i boschi delle Groane. Quel mattino del 5 Settembre, correndo come sua abitudine tra i cespugli del bosco, Simba sembrò alquanto irrequieto, come se avesse trovato qualcosa che riteneva importante segnalare, insisteva e rimaneva vigile e fermo, con le orecchie alzate attorno a un posto del campo e abbaiava sempre più intensamente. Il Marelli intuì subito che c’era qualcosa da verificare e si indirizzò verso il luogo in cui il cane si era fermato per constatare ciò che stava succedendo: qualcosa all’interno di una buca ricavata nell’erba si stava muovendo. […] Il Marelli s’inginocchio per osservare meglio il punto segnalato dal cane: scoprì ben presto che non si trattava di un oggetto qualunque e nemmeno di un animale, una preda o un altro richiamo di poco conto, quel corpicino che si muoveva sul terreno era quello di un bambino appena nato. La piccola creatura era ancora viva ed emetteva anche un flebile pianto; il bimbo, posato per terra, avvolto in una coperta e nascosto da terriccio, erba e cespugli vari, sembrava avesse fame e alcuni brividi, forse per il freddo della notte passata nel bosco. Il Marelli comprese subito che il neonato, così com’era messo si trovava in grave pericolo di vita. Con grandissima commozione lo prese immediatamente in braccio e lo portò subito a casa, dove la moglie Anna si prodigò per pulire il neonato e per accudirlo amorevolmente. I Marelli decisero di portarlo subito alla clinica Villa Bianca, dove il bimbo arrivò molto sofferente, venne accertata una forte crisi respiratoria e alcuni lividi da maltrattamento. I medici prestarono subito tutte le cure del caso per portarlo fuori pericolo, nel contempo avvertirono i carabinieri e chiamarono il prete coadiutore Sergio Ceppi per impartire il battesimo. Ci si domandò al momento quale nome dare al bimbo; […] le infermiere e il medico della clinica suggerirono Marcellino, nome ancora molto in voga in quel momento per il film Marcellino pane e vino. […] Presto un gruppo di donne si radunò vicino alla clinica Villa Bianca, chiedendo in continuazione notizie del bimbo, mentre all’asilo Regina Margherita le suore facevano pregare i bambini. La vita di Marcellino durò soltanto alcune ore ancora, quando ormai in molti avevano cominciato a sperare, morì il giorno dopo tra l’attenzione e la commemorazione di tutti, medici compresi. […] Stupefatti tutti si trovarono incapaci di darsene una ragione; il corpo di Marcellino fu sepolto quasi in silenzio nel cimitero maggiore tra le tombe dei bambini. Tutte le indagini per scoprire chi avesse partorito e abbandonato Marcellino non ottennero all’inizio nessun risultato. Molto tempo dopo, quando ormai l’attenzione mediatica venne meno, si venne a sapere che l’autrice del grave gesto fu proprio la madre di Marcellino, vedova, angosciata per aver messo al mondo un bambino. La donna lavorava alle piscine comunali di Milano e lì aveva incontrato un collega con cui aveva iniziato una relazione; si trattava di una gravidanza non voluta e di cui si vergognava. Pensò con un atto disperato e assurdo di disfarsi del figlio dopo qualche giorno dalla nascita, sperando forse in cuor suo che qualcuno potesse trovarlo e allevarlo al suo posto. Purtroppo non fu così. […] Marcellino è diventato il testimone e il custode di tanti altri piccoli bimbi, colpiti in tenera età da gesti insani, infortuni o da malattie senza speranza e rimasti sepolti per molti anni intorno a lui.
VIDEO: LA CASA DI MARCELLINO tratto dall’archivio dell’Istituto Luce
Pagina aggiornata il 17/07/2024